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Tuesday, November 20, 2018

Sequestrata la nave Aquarius: “Scarico irregolare di rifiuti”

Accuse della Procura di Catania a Medici senza Frontiere:

 “Hanno trattato rifiuti pericolosi, come fossero normali”. 
La replica: “Voglio criminalizzare il soccorso in mare”

Pubblicato il 20/11/2018
Ultima modifica il 20/11/2018 alle ore 09:36
La nave simbolo dell’accoglienza è stata sequestrata per ordine della Procura di Catania. Rifiuti pericolosi a rischio infettivo, sanitari e non, scaricati in maniera indifferenziata nei porti italiani come se fossero rifiuti urbani: è l’accusa nei confronti della Ong Medici Senza Frontiere e di due agenti marittimi che ha fatto scattare il sequestro preventivo dell’Aquarius, che si trova nel porto di Marsiglia e di 460 mila euro. L’indagine di Guardia di Finanza e Polizia, coordinata dalla Procura di Catania, avrebbe accertato uno smaltimento illecito in 44 occasioni per un totale di 24 mila chili di rifiuti. Gli indagati sono 24. Per la Ong si tratta di una misura «sproporzionata e strumentale. Lo scopo è criminalizzare per l’ennesima volta l’azione medico-umanitaria in mare».  

L’accusa nei confronti di Msf, considerata dagli inquirenti «produttrice» dei rifiuti al centro del traffico illecito, riguarda sia la Aquarius, per il periodo da gennaio 2017 a maggio 2018, sia la Vos Prudence, la nave utilizzata dalla Ong tra marzo 2017 a luglio 2017.  


Gli undici porti coinvolti  
Secondo l’accusa i soggetti coinvolti, a vario titolo, avrebbero «sistematicamente condiviso, pianificato ed eseguito un progetto di illegale smaltimento di un ingente quantitativo di rifiuti pericolosi a rischio infettivo, sanitari e non, derivanti dalle attività di soccorso dei migranti a bordo della Vos Prudence e dell’Aquarius e conferiti in modo indifferenziato, unitamente ai rifiuti solidi urbani, in occasione di scali tecnici e sbarco dei migranti» in 11 porti: Trapani, Pozzallo, Augusta, Catania e Messina in Sicilia, Vibo Valentia, Reggio Calabria e Corigliano Calabro in Calabria, Napoli e Salerno in Campania, Brindisi in Puglia. 

Il meccanismo secondo la Procura  
Questo, secondo l’accusa, il meccanismo che veniva messo in atto: durante la navigazione verso il porto di destinazione si provvedeva alla fornitura di indumenti nuovi e di alimenti ai migranti salvati in mare, producendo quelli per l’accusa erano dei «rifiuti pericolosi a rischio infettivo». Quest’ultimi, in fase di certificazione, prima di entrare nel porto, venivano presentati come rifiuti solidi indifferenziati con l’assegnazione di appositi codici che li contraddistinguevano come «non pericolosi». 

«Accuse inaccurate e infamanti»  
«Dopo due anni di indagini giudiziarie, ostacoli burocratici, infamanti e mai confermate accuse di collusione con i trafficanti di uomini, ora veniamo accusati di far parte di un’organizzazione criminale finalizzata al traffico di rifiuti. È l’estremo, inquietante tentativo di fermare a qualunque costo la nostra attività di ricerca e soccorso in mare», dichiara Karline Kleijer, responsabile delle emergenze di Msf.  
L’’organizzazione, che ribadisce «piena disponibilità a collaborare con le autorità italiane», contesta la ricostruzione della Procura e respinge categoricamente l’accusa di aver organizzato qualunque attività abusiva finalizzata al traffico illecito di rifiuti. «Dopo la valutazione del decreto di sequestro e un’analisi interna, che dimostra come le accuse siano inaccurate e fuorvianti, Msf presenterà ricorso al Tribunale del riesame», ha anticipato la Klejier. 

«Siamo pronti a chiarire i fatti e a rispondere delle procedure che abbiamo seguito, ma riaffermiamo con forza la legittimità e la legalità della nostra azione umanitaria», ha dichiarato Gabriele Eminente, direttore generale di Msf in Italia. «L’unico crimine che vediamo oggi nel Mediterraneo è lo smantellamento totale del sistema di ricerca e soccorso, con persone che continuano a partire senza più navi umanitarie a salvare le loro vite, mentre chi sopravvive al mare viene riportato all’incubo della detenzione in Libia, senza alcuna considerazione del diritto internazionale marittimo e dei rifugiati.»  

Monday, November 19, 2018

ITALIA MIA CASA ·Allerta arancione in Sardegna, scuole chiuse

Martedì torna l’acqua alta a Venezia, marea di 125 centimetri

Il crollo del ponte della statale 195 in Sardegna, lo scorso 10 ottobre

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Pubblicato il 19/11/2018
Ultima modifica il 19/11/2018 alle ore 09:44
Allerta meteo arancione in Sardegna almeno fino alla mezzanotte di lunedì 19 novembre. La perturbazione, che dalle tre di notte ha iniziato a scaricare grandi quantità d’acqua sull’isola, interessa il Cagliaritano, dove piove in abbondanza, e tutta la parte occidentale e settentrionale della Sardegna, l’area che nell’arco della giornata sarà più colpita dai temporali. I sindaci di Sassari e Alghero hanno disposto la chiusura delle scuole, così come quello di Bosa, nell’Oristanese. La nuova ondata di maltempo in Sardegna arriva a cinque anni dal ciclone Cleopatra, l’evento calamitoso che fra il 18 e il 19 novembre 2013 devastò buona parte dell’isola, provocando la morte di 19 persone. Il corpo di una di loro non è mai stato ritrovato.  


Il Centro previsioni e segnalazioni maree del Comune di Venezia prevede per martedì 20 novembre alle 8.45 una punta massima di marea di 125cm a Venezia, con la possibilità di circa 10 cm in più a Chioggia per il forte vento di Bora. L’aria fredda che da sabato interessa il Nord Italia, come afferma il Centro Meteo dell’Arpa Veneto, «solo lunedì arrivando su Germania e Francia si approfondirà e sarà accompagnata da un calo della pressione anche al suolo». Si prevede che questa perturbazione possa indurre venti di scirocco nel medio e basso Adriatico lasciando venti intensi di Bora nella parte nord e a Venezia. La concomitanza di questi due elementi storicamente viene detto «scontraura». Il Centro Maree ricorda che un’alta marea di 125cm comporta l’allagamento di circa il 37% della città. Le zone più interessate dal fenomeno saranno quelle più basse ovvero Piazza San Marco e Rialto, con venti forti si possono poi generare dei locali accumuli di acqua in aree sotto vento causando quindi sovralzi al livello di marea in aree limitate della città, anche di qualche centimetro rispetto al livello medio cittadino.  

Sunday, November 18, 2018

ITALIA MIA CASA ·I sette segreti di Bologna: un piccolo tour virtuale

La Rossa, la Dotta, la Grassa: Bologna negli anni ha assunto molteplici nomignoli, complice il fatto di essere capoluogo di una regione, l’Emilia Romagna, che in l’Italia è leader in moltissimi settori. La sua Università, la prima del mondo occidentale, è sempre ai primi posti nelle classifiche internazionali, e un quarto dei bolognesi risulta iscritto all’ateneo. Le fortissime tradizioni del territorio riguardano la cucina, la musica, la politica e la cultura. In questo senso, i sette segreti di Bologna sono piccoli tesori che solo un vero bolognese – o aspirante tale – conosce. Scopriamoli insieme!
i sette segreti di Bologna - Piazza Maggiore di notte con la Basilica di San Petronio

La scultura

I sette segreti di Bologna riguardano alcuni piccoli particolari artistici sparsi per la città. Il primo si può trovare in Santo Stefano, la piazza delle Sette Chiese. Lungo la via che conduce alla piazza, sui palazzi sono scolpiti i volti di alcuni santi, tranne uno, che rappresenta invece un gargoyle, il volto di un demonio. Spostandoci di pochi metri, arriviamo in Piazza Maggiore, centro della città, con la Basilica di San Petronio e la fontana del Nettuno. Posizioniamoci sull’unica piastrella nera della piazza, alle spalle della statua del dio greco. Ecco che in alcuni momenti della giornata, specie a mezzogiorno, uno scherzo del riflesso solare ci mostrerà un particolare scabroso: il pollice della mano sinistra, strategicamente posto vicino alla vita, assumerà le sembianze di un organo sessuale.
i sette segreti di Bologna - La statua del Nettuno e il Palazzo d'Accursio

L’architettura

I sette segreti di Bologna hanno a che fare anche con alcuni dettagli architettonici. Sempre in Piazza Maggiore si trova Palazzo Re Enzo, intitolato al figlio di Federico II di Svevia. Sotto il palazzo, all’incrocio tra i portici orizzontale e verticale, si trovano degli archi un po’ particolari. Infatti, se ci posizioniamo in un angolo del quadrato che si crea all’incontro dei portici, potremo parlare in direzione del muro (sì, dando le spalle a tutti!) e la persona situata all’altro lato dell’incrocio ci potrà sentire semplicemente appoggiando l’orecchio verso la propria porzione di muro: provare per credere!
Un altro segreto, non supportato da prove in realtà, afferma che sulla cima della torre degli Asinelli si trovi il coccio di un vaso antico.
i sette segreti di Bologna - Palazzo Re Enzo visto da via Rizzoli
Il terzo riguarda invece via Indipendenza, il cardo della città. Sotto i portici che lo immettono in Piazza Maggiore si trovano infatti tre frasi latine, che simboleggiano i piaceri dell’esistenza: “panis vita, cannabis protectio, vinum laetitia”. Il pane è vita, la cannabis protezione – poiché Bologna in tempi non sospetti ne fu grande esportatrice – il vino gioia. L’ultimo di questi segreti si trova invece in Strada Maggiore, tra le torri e piazza Santo Stefano. Incastrate tra le capriate del soffitto del portico si trovano tre frecce. Leggenda vuole che tre guardie, lanciate all’inseguimento di due delinquenti, siano state distratte dai seni prosperosi di alcune prostitute affacciatesi sulla via. Le frecce scoccate avrebbero quindi raggiunto il tetto del portico.
i sette segreti di Bologna - Una delle tre scritte in latino sotto i portici di via Indipendenza

La finestrella

L’ultimo segreto riguarda via Piella, in pieno centro storico. Tra le mura dei palazzi, infatti, si apre una fessura quadrata, proprio come una finestra, che mostra a chi si affaccia un piccolo rio, il canale delle Moline. Questo panorama è quindi noto con il nome di “Piccola Venezia”. A parte i sette segreti di Bologna, in città si possono incontrare altre peculiarità, come il portico più lungo del mondo, costituito da ben 666 arcate in direzione della Basilica di San Luca, o il corridoio più lungo del mondo presso l’ospedale Rizzoli, con un mistero riguardante le vetrate delle sue finestre. Insomma, che altro aggiungere: Bologna e le sue meraviglie vi aspettano!
Gabriele Gelmini

Autore: Gabriele Gelmini

Ventisette anni, scrivo di politica e attualità per tante riviste on line. Laureato in Lettere, appassionato di teatro e cultura, aspirante giornalista e attore dilettante, con il cuore un po’ qui e un po’ in Spagna. Leggo, viaggio, canto, scopro, e forse quel che cerco neanche c’è.

Saturday, November 17, 2018

Di Maio: “Fondi europei? Francia e Germania non ci minaccino. L’Italia dà più di quel che riceve”

Il vicepremier a margine della Festa del vino cooperativo a Milano, 

risponde alla possibile riforma dei criteri di utilizzo dei fondi 
messa a punto da Merkel e Macron
ANSA

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Pubblicato il 17/11/2018
Ultima modifica il 17/11/2018 alle ore 11:42
MILANO
«Se Francia e Germania pensano di minacciare l’Italia sulla ripartizione dei fondi europei allora dobbiamo dire una cosa: quelli sono soldi degli Italiani perché noi ne diamo più di quelli che riceviamo».  

Il vicepremier Luigi Di Maio inaugurando a Milano la festa del vino cooperativo, risponde così alla possibile riforma dei criteri di utilizzo dei fondi europei messa a punto da Angela Merkel e Emmanuel Macron che potrebbe penalizzare l’Italia perché vincolata al rispetto delle regole comunitarie in materia di bilancio.  

Secondo Di Maio «per riformare il sistema dei fondi europei si deve essere in tanti e non solo due paesi». È comunque se si vuole penalizzare chi «non ha rispettato l’austerity, e io posso anche essere d’accordo, allora andiamo a vedere chi negli ultimi dieci anni ha rispettato le regole europee. Prendiamo una finestra degli ultimi dieci anni e poi andiamo a vedere chi ha superato il rapporto deficit Pil». 

Detto questo, però, resta un problema: «Sui fondi europei dobbiamo fare di più perché ci sono regioni che rischiano di perdere centinaia di milioni perché sono in ritardo con la rendicontazione. Non è mai sano quando bisogna spendere i soldi nell’ultimo mese ma cerchiamo di farlo perché si tratta di fondi nostri».  

Friday, November 16, 2018

L’affondo di May: avanti sulla Brexit. Ma a Westminster l’intesa non piace

Il governo traballa, si dimette anche il ministro Raab. 

Corbyn: brutto accordo. I Tory preparano la sfiducia

AFP
Un manifesto anti-Brexit dal ponte di Westminster a Londra

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Pubblicato il 16/11/2018
LONDRA
Neanche il tempo di festeggiare l’accordo sulla Brexit con l’Ue che Theresa May si è trovata a dover affrontare un vero e proprio terremoto politico in quella che è stata la giornata più difficile della sua carriera.  

Il buongiorno ieri mattina è arrivato dal presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk (ha confermato il summit straordinario Ue domenica 25 novembre) che ha spento ogni entusiasmo tra chi esultava per il risultato raggiunto. «La Brexit è una situazione “lose-lose” dobbiamo lavorare per limitare i danni». E i danni, per la premier, non hanno fatto che aumentare con il passare delle ore. Alle 9 sono arrivate le dimissioni del responsabile della Brexit, Dominic Raab, l’uomo a cui era stato affidato il compito di gestire le trattative per il divorzio appena 5 mesi fa, dopo che il suo predecessore, David Davis, si era dimesso a sua volta. «Non posso sostenere in buona coscienza questo accordo», che «rappresenta una minaccia reale all’integrità del Regno Unito», ha spiegato. Dopo di lui hanno lasciato anche la segretaria di Stato per Lavoro, Esther McVey, e cinque sottosegretari. 

A Westminster, dove è intervenuta in mattinata per circa tre ore, May ha trovato un clima infuocato. Gli interventi hanno mostrato che l’Aula, almeno per il momento, non è con lei e che la premier dovrà faticare non poco se vorrà trovare i numeri per far passare l’accordo in Parlamento a dicembre. «Il governo deve ritirare questo accordo pasticciato che non ha il sostegno dei ministri, del Parlamento o del Paese nel suo intero», ha attaccato, Jeremy Corbyn. Il leader dei laburisti ha affermato che l’Aula «non può accettare questa falsa scelta tra un cattivo accordo ed il “no deal”», ribattendo così alla linea di May secondo cui la scelta è soltanto tra il suo accordo o nessuno. 

Il sindaco di Londra Sadiq Khan, filo Ue, invita i deputati del suo partito laburista a votare contro l’intesa. Ma i pericoli più grandi per la premier sono arrivati dal suo stesso partito, con il leader dell’ala dura dei brexiters, Jacob Rees-Mogg, che ha depositato una mozione di sfiducia nei suoi confronti che potrebbe portare a una pericolosa conta interna. May in serata ha tenuto anche una conferenza stampa dove ha provato a mostrarsi sicura di sé.  

«Andrò fino in fondo», ha ripetuto più volte contestando ai critici del suo operato di non essere stati capaci di fornire «valide alternative». «Capisco che ci siano preoccupazioni ma è un dato di fatto incontrovertibile che non ci poteva essere alcun accordo che non prevedesse un backstop» in Irlanda del Nord, ha rivendicato. La premier ha anche chiuso all’ipotesi di un secondo referendum in quanto, ha detto, «i britannici si sono già espressi con un voto e hanno detto di voler lasciare l’Unione europea. Ed è quello che faremo». Ma i numeri non sono dalla sua parte: A Westminster i conservatori sono 318 su 650, sette in meno della maggioranza assoluta, e di certo non sono compatti. Così come di certo contro la premier si schiereranno gli alleati, o meglio ex tali, Unionisti nord irlandesi, che sono i più critici verso l’accordo vista la permanenza dell’Irlanda del Nord nell’Unione doganale.  

Alla premier va riconosciuto di aver affrontato una giornata terribile in maniera coraggiosa, ma ostentare fiducia non le basterà a trovare in numeri nel momento decisivo. 

ITALIA LINKS

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